Monday, May 26, 2014

Madonna, liberaci dalle Pussy Riot!


Un paio di settimane fa, girovagando in una nota libreria nel centro di Bologna, ho trovato, posti uno affianco all'altro, questi due libri:



Erano circondati da altri libri: su Putin, sul neozarismo, sui regimi totalitari. Mi sono fermata di scatto e li ho esaminati da più vicino. Uno (quello a destra nella foto) era una “biografia” delle Pussy Riot. L'altro, invece, un diario di viaggio di tale Giancarlo Vigorelli, un giornalista che si recò a Mosca in qualità di segretario del COMES (Comunità europea degli scrittori), udite udite, dall'11 al 21 aprile 1966.
Ripeto: 1966. Piena Guerra Fredda. Putin all'epoca aveva appena 14 anni.
Eppure, entrambi i libri recavano sulla copertina l'immagine di una donna con la scritta “Free Pussy Riot”.
Il fastidio provocatomi da questa insistente propinazione – anche quando è completamente fuoriluogo – dell'immagine delle famose ragazze con le balaclava colorate fu talmente potente da riuscire a scuotermi dal mio blocco dello scrittore, del quale soffrivo oramai da un anno e passa. Tornai a casa con due volumi: il primo era la sopraccitata storia delle Pussy Riot; il secondo, una biografia non autorizzata di Putin, scritta da una famosa giornalista dell'opposizione russa, nonché lesbica dichiarata, Masha Gessen. Nei giorni seguenti, fui letteralmente ossessionata dal tema delle Pussy Riot. Divorai i due volumi comprati, misi sottosopra internet alla ricerca di ogni minimo particolare che mi sarebbe potuto essere utile, guardai probabilmente tutto il guardabile, lessi tutto il leggibile, pensai il pensabile. La domanda che mi tormentava era: “Sono dei geni o sono delle coglione?”. L'opinione pubblica occidentale mi spingeva a scegliere la prima opzione; l'opinione pubblica russa mi faceva ricadere sulla seconda. Ma soprattutto: perché, con tutti gli oppositori, con tutti i manifestanti (anche molto più estremi) che hanno espresso il proprio dissenso nei confronti della politica di Putin – primi tra tutti i Vojna, dei quali parlerò più avanti –, con tutte le accuse che il presidente russo si sente rivolgere quotidianamente da ogni lato, perché proprio loro? Perché hanno avuto tutto questo “successo” internazionale, perché sono diventate, sia all'estero che in patria, l'icona principale della lotta contro Putin? Eppure, non sono le prime e non saranno certamente le ultime a fare degli atti di protesta, non sono le prime e non saranno le ultime ad essere punite eccessivamente con prigioni invivibili e sovraffollate, non sono le prime e non saranno le ultime ad essere mandate in campi di lavoro dove la giornata di lavoro dura dalle 12 alle 16 ore e le attrezzature sono di epoca presovietica. Non sono le prime e non saranno le ultime per le quali il governo ignorerà non solo il Codice Civile e il Codice Penale, ma anche la Costituzione stessa, inventando sentenze per cose mai avvenute e condannandole per infrazioni di leggi inesistenti. In Russia, ahimè, la gente è abituata a questo genere di cose, e, piuttosto che combatterle, spesso e volentieri ci si adegua. Tutti lo sanno, e lo sa anche l'Occidente. Allora perché tutto questo rumore intorno alle Pussy Riot? Cerchiamo di capirci qualcosa.