Thursday, December 10, 2015

Che bella che sei, Bologna mia

Che bella che sei,
Bologna mia,
che mia non sei stata mai
(né di altro alcuno),
con questa pioggia che
ti cade sulle vesti.


Che bella che sei,
quando ti specchi nell'asfalto
e pari lastricata d'oro,
i tetti delle case inghiottiti dal nulla,
come se non ci fosse una fine,
come se fossimo immortali.


Che bella che sei,
ingiallita dai lampioni,
invecchiata e stanca,
con i graffiti degli anarchici
in luogo delle rughe.


Che bella che sei,
Bologna mia
(lasciati, lasciati chiamare mia!
Ché nella vita le illusioni
servono),
quando stai zitta,
quando non intervieni,
tanto lo sai che ai giovani
non si può proprio dire niente
(quanti ne avrai visti tu? Un miliardo,
forse due,
non di meno).


Che bella che sei,
Bologna mia,
quando sai e taci,
perché quelle cose
che vorresti dire ma non dici
noi, in fondo, le sappiamo già,
ed è per questo che -
hai capito, no?
Come quella volta,
erano le due di notte
ed io non ero
là dove sarei dovuta essere;
ballammo abbracciati
una canzone che conoscevamo entrambi.
Tu eri lì,
Bologna mia,
a spiarci dalla finestra
(anche se avevi gli occhi chiusi
e fingevi di dormire),
ma non dicesti nulla.

 

Friday, January 23, 2015

DI ARTE E DI SUSSIDI FAMILIARI, tragicommedia in due atti

ATTO I

Ambientazione: docce dello spogliatoio femminile della palestra HealthCity, Bologna.
Protagonisti: donna anziana e donna di mezza età (di seguito denominate DA e DME).


DA: ...E poi c'è quel vernissage, quello in quel palazzo in via D'Azeglio...
DME: Quale?
DA: Quel palazzo, non mi ricordo il nome, all'inizio della via... Non l'ho mai conosciuto prima.
DME: E cosa ci fanno?
DA: Un vernissage... Però l'ingresso è a invito. Devi essere imbazzato, come dicono qua a Bologna.
DME: Ah.
DA: Sìsì... Infatti io vado all'Autostazione.
DME: All'autostazione?!
DA: Sì, fanno una performance...
DME: Ma dai? Chi?
DA: Eh, quella lì, quella rumena... E poi fanno l'aperitivo, con 10 euro ti fanno assaggiare cinque tipi di vino!
DME: Ah, allora ci vengo!
DA: Sì, deve essere bello.
DME: Scusami, vado a vestirmi, ci vediamo di là.
DA: Certo, certo.
DME lascia la scena. DA riempie il silenzio con un canticchiare indistinto.

ATTO II
 
Ambientazione: spogliatoio femminile della medesima palestra.
Protagonisti: donna anziana, donna di mezza età e un phon (di seguito denominati DA, DME e PH)

DA: Ma quindi ci sei stata all'ArteFiera?
DME: Sì, stamattina...
DA: E com'era?
DME: Beh, sai, era quasi tutta arte contemporanea... Anche se c'era qualche galleria che esponeva qualche quadro bello: un Morandi piuttosto che un De Chirico piuttosto che un Picasso...
DA: Ah, i prezzi immagino siano stati inarrivabili.
DME: Beh, quello è ovvio. Io non ci volevo neanche andare, sai. Però Massimo ha insistito tanto...
DA: Beh, bisogna sacrificarsi ogni tanto. Per il bene della coppia.
DME: Eh sì, ogni tanto devo fare anche io qualcosa per lui, non posso sempre pretendere che sia lui a -
PH: WHOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO (prolungato per circa cinque-sei-sette minuti).
DME: ...soprattutto se vuoi diventare madre!
DA: Ah, ma non lo metto in dubbio, sai! Ho letto questo articolo che parlava di quanti soldi danno quelli Stati lì al nord, tipo Norvegiaolandasvezia, alle famiglie, è incredibile!
DME: Già, altro che qui in Italia!
DA: Ah, ma non c'è paragone, lascia perdere, pensa che l'articolo -
PH: WHOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO.
Uscita di scena di DME e DA. PH continua il proprio monologo per circa altri quattro minuti, poi si zittisce anche lui.

Sipario.