Saturday, January 5, 2013

Capodanno ad Amsterdam.

Avevano iniziato a sparare i botti fin dal mattino presto, anche se loro dormivano troppo profondamente per sentirli davvero. A un certo punto, per la terza volta nell'ultima mezzora, la sveglia del cellulare suonò, lui allungò da sotto il piumino un braccio e diede una manata al cellulare, facendolo cadere sul pavimento polveroso. La batteria del vecchio Nokia si staccò per l'urto, e la sveglia si spense. Lui alzò la testa, gettò un'occhiata fuori dalla finestra all'orologio digitale che segnava l'ora a numeri rossi dal palazzone di fronte, e fece un balzo. "Cazzo, è tardi. Alzati, dai." Lei emise un gemito e si arrotolò ancora di più nella coperta, voltandogli le spalle. "E dai!", ripeté lui, dandole una scrollata, "dobbiamo lasciare la camera tra dieci minuti!"
Lei si alzò faticosamente su un gomito, stordita, e si strofinò gli occhi. Lui si stava già vestendo, e stava cercando confusamente con la mano la manica della felpa, goffo e impacciato dal sonno. Lei si stiracchiò, il cuscino sembrava attirare la sua testa come una calamita, le palpebre ancora incollate, la testa come riempita di nebbia, la lingua secca che strofinava come carta vetrata sul palato.
"Abbiamo dell'acqua?"
"No."
I dieci minuti erano passati abbondantemente. La donna delle pulizie venne a bussare alla porta con fare impaziente, predicando qualcosa in olandese. Loro le lanciarono in risposta qualche bestemmia in italiano, finendo di ficcare la roba alla rinfusa negli zaini. Finalmente riuscirono a lasciare la camera, sotto lo sguardo accusatorio del receptionist che non tollerava ritardi nel check out. Gli protesero la chiave, thank you, you're welcome, bye, bye, la porta d'ingresso scricchiolò rumorosamente mentre veniva aperta, ma andate a farvi fottere, probabilmente il receptionist pensò lo stesso nella sua lingua. Fuori tirava un vento forte e piovigginava fastidiosamente.
"Dovremmo trovare una sistemazione per stanotte."
"I prezzi a capodanno saranno alle stelle, e soldi non ce ne sono."
"Proviamo a cercare un lavoro. Magari hanno bisogno di una mano per tutti i festoni di fine anno."
"Prima però un caffè."
"E una canna."
"E una canna."
Cercare lavoro non è esattamente una cosa che uno si propone di fare l'ultimo di dicembre, quando la città è carica di un'energia frenetica e insensata e l'aria si riempie di spari che neanche la guerra in Afghanistan. Tutti che vanno di fretta, tutti che corrono, tutti che si preparano per i festeggiamenti, tutti che sperano chissà che cosa dall'anno entrante, ripetendo, di anno in anno, sempre le stesse frasi, quest'anno ci ha portato tante cose, belle e brutte, ma speriamo che l'anno prossimo sia meglio, senza realizzare che se si spera in tempi migliori vuol dire che quelli appena trascorsi facevano davvero schifo al cazzo.
Il caffè era pessimo, d'altronde trovare un bar che lo facesse bene a quelle latitudini era praticamente impossibile. L'unico modo per mandare giù quella brodaglia disgustosa era buttarci dentro due o tre bustine di zucchero, oppure del latte, quando non te lo facevano pagare in più. Col bicchiere di carta da un quarto di litro in mano, iniziarono a girare per le affollate stradine di Amsterdam, confondendosi nel labirinto dei canali pieni di acqua grigio-verdastra, in mezzo a quelle case dai mattoncini rossi che sembravano fatte coi Lego, tutte storte, accasciate l'una sull'altra, come ubriachi che si sostengono a vicenda e cantano canzoni della propria gioventù piene di nostalgia e di amori lontani.
"Ma non ci eravamo già passati di qui?"
"Boh, sei tu quella che ha la mappa."
"Ma sì, guarda, ti ricordi che ci siamo fermati davanti questo sexy shop?"
"Ah sì, è vero."
Fecero forse il giro di tutti i locali del centro storico, e la risposta era più o meno sempre la stessa: ci dispiace, ripassa in primavera, guarda non è il caso, al massimo lasciateci un curriculum.
"Tienimi la canna, provo ad entrare dentro questo, mi ispira."
Lei rimaneva fuori, tenendo con indice e pollice della mano sinistra lo spino di lui rivolto verso l'interno, proteggendolo con il palmo della mano dalla pioggia, mentre con la destra continuava a fumare il proprio. Raramente ne rollavano uno in due, preferivano farne due diversi, così ognuno decideva la propria dose. Guardò lui attraverso il vetro del ristorante avvicinarsi al bancone, come già lo aveva visto fare in decine di altri ristoranti, chiedere qualcosa al cameriere, vedere il cameriere scuotere seccamente il capo, poi lui sorridere amaramente, ringraziando, e uscire sconsolato a testa bassa.
"Niente da fare, neanche qui."
"Tieni," disse in tutta risposta lei, ridandogli la canna.
Non si accorsero nemmeno come scese su di loro la notte. L'euforia tra la folla era a mille, entrare in un locale era diventato impossibile da quanto erano pieni. Alla fine si arresero e optarono per la stazione centrale: era l'unico posto al chiuso dove si potevano permettere di dormire, tuttavia quando la raggiunsero la trovarono chiusa. Per motivi di sicurezza, diceva un cartello. Si accasciarono, esausti, sotto una pensilina, accanto a un ragazzo senza giacca che dormiva accoccolato su se stesso. Tremante dal freddo, nel cappotto fradicio che le faceva sentire il freddo fin dentro le ossa, lei cercò di imitarlo, poggiando la testa sulla spalla di lui, ma non c'era nulla da fare. Il tempo sembrava non passare mai, e sembrava surreale quanta gente intorno stesse aspettando con così tanta impazienza il momento quando entrambe le lancette dell'orologio avrebbero toccato il numero 12. Le strade erano intasate, la fila per i taxi arrivava fino all'edificio del centro informazioni, e da tutte le parti risuonavano voci, risate, canti, grida. I botti si facevano sempre più frequenti e sempre più insistenti. Finalmente - tre, due, uno! - il momento tanto atteso arrivò, facendo esplodere la città di luci e fuochi d'artificio. Era arrivato, questo cazzo di 2013.
"Buon anno, amore," disse lui.
Lei non rispose.
Affianco, un ubriaco sgocciolò accuratamente una bottiglia di spumante sulla punta della scarpa sinistra del ragazzo che continuava a dormire indisturbato, dopo di che poggiò la bottiglia a terra e, ridacchiando, si allontanò.

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