L'unico posto dove la frutta costa
ancora un euro al chilo e non tre e cinquanta come al supermercato è
il mercato arabo.
Un euro! C'erano tempi quando con un
euro ci potevi campare per tutto il finesettimana, c'erano tempi che
con un euro - duemila lire! - ci compravi da bere a te e a tutti gli
amici, almeno così dicono, tu preferivi comprarti il gelato, sono
tempi lontani, è vero, tempi che a dire il vero non ricordi neanche
tanto bene, quando hai iniziato a spendere soldi tuoi, risparmiati
faticosamente paghetta dopo paghetta, si, c'era la lira, ma a dire il
vero non ti facevi davvero problemi di quanto dovevi o potevi
spendere, semplicemente lo facevi, e spendevi esattamente quanto
avevi, mica c'era un affitto da pagare o una spesa da fare, a quello
ci pensavano mamma e papà, e quando hai iniziato a capire veramente
il senso dei soldi si parlava già di euro, ora neanche le peggiori
cicchetterie di Bologna ti vendono qualcosa per un euro, al massimo
ci puoi comprare lo spritz tarocco dal Siesta, dove gli scarafaggi
corrono in mezzo alle bottiglie ricoperte di polvere, bottiglie che
una volta contenevano vero Aperol, e che ora i baristi nel
retrobottega riempiono con un imbuto di chissà quale schifezza
comprata dalla Lidl, e invece qui la frutta costa un euro al chilo,
un intero chilo di frutta a solo un euro, al mercato arabo, da non
crederci, eppure è così.
Ti fai strada tra la folla, cercando di non toccare nessuno, per quanto sia praticamente impossibile, cammini stringendo saldamente la borsa sotto il braccio, non girandoti alle solite grida "ehi bella!", cercando di ignorare gli sguardi insistenti dei marocchini, lo sai che con quegli sguardi in questo momento ti stanno spogliando, hanno già deciso che tu sei loro, e non importa se tu non sei d'accordo, per loro non sei altro che un oggetto, da avere, da desiderare, da spogliare, ma tu passa, non ragioniam di loro, direbbe Dante, ma guarda e passa, anzi, non guardare nemmeno, che non sia mai questi pensano che li stai assecondando, passa oltre le bancarelle di frutta secca, e i negozietti che vendono spezie odoranti e colorate in sacchi di juta, e le nere che allattano i figli sui bordi delle strade, coprendosi il seno con uno scialle, e gli occhi grandi e pesantemente truccati delle donne nei burqa, e le zingare con la solita piccola mandria di ragazzini sporchi e scalzi al seguito, ragazzini che giocano e urlano e rispondono ai rimproveri delle madri scalciando in aria come puledri ribelli.
Ti fai strada tra la folla, cercando di non toccare nessuno, per quanto sia praticamente impossibile, cammini stringendo saldamente la borsa sotto il braccio, non girandoti alle solite grida "ehi bella!", cercando di ignorare gli sguardi insistenti dei marocchini, lo sai che con quegli sguardi in questo momento ti stanno spogliando, hanno già deciso che tu sei loro, e non importa se tu non sei d'accordo, per loro non sei altro che un oggetto, da avere, da desiderare, da spogliare, ma tu passa, non ragioniam di loro, direbbe Dante, ma guarda e passa, anzi, non guardare nemmeno, che non sia mai questi pensano che li stai assecondando, passa oltre le bancarelle di frutta secca, e i negozietti che vendono spezie odoranti e colorate in sacchi di juta, e le nere che allattano i figli sui bordi delle strade, coprendosi il seno con uno scialle, e gli occhi grandi e pesantemente truccati delle donne nei burqa, e le zingare con la solita piccola mandria di ragazzini sporchi e scalzi al seguito, ragazzini che giocano e urlano e rispondono ai rimproveri delle madri scalciando in aria come puledri ribelli.
Le bancarelle della frutta e della
verdura sono disposte in due file ordinate al centro della piazzola,
tra le sedie e i tavolini dei "salon du the" dove
pasticcini imbevuti di miele e cosparsi di semi di sesamo giacciono
ammucchiati su vassoi argentati in balia delle mosche e delle dita
sporche dei commessi e dei clienti, tra gli scarti delle macellerie e
delle pescherie lì affianco, ossa di pollo, interiora di pesci,
sangue di maiali appena sgozzati (i camerieri cercano di pulire un
po' buttando secchiate d'acqua, con l'unico risultato di creare
pozzanghere sudicie e maleodoranti), tra i vecchietti minuscoli che
fanno la carità a terra, tra le grida dei fruttivendoli, che sembra
facciano a gara a chi riesce a urlare più complimenti per i prodotti
che vendono - mandarini dolcissimi, pomodori freschissimi, prugne
morbidissime, menta profumatissima. Tu ti fai strada in mezzo a quel
bordello di persone dove tutto - razze, etnie, colori, odori, lingue,
- sembra essere stato mischiato in un enorme frullatore e versato in
un bicchiere alto con una cannuccia, bicchiere dal quale tu bevi,
bevi, bevi fino alla goccia questa bevanda strana, dal gusto esotico
e tuttavia vagamente familiare, bevi fino a quando non l'hai vuotato
tutto, e la cannuccia che aspira aria fa quel tipico rumore
gorgogliante che conosci così bene (quante volte l'hai fatto da
bambina?). Ti fai strada in mezzo alla gente e ti dirigi
automaticamente a una delle bancarelle, la tua preferita, la terza a
sinistra, ormai compri sempre la frutta da questo tunisino, lo
conosci di vista, e, incrociando lo sguardo con lui, gli sorridi; lui
ti fa un cenno con la testa e ti porge qualche bustina di plastica,
lasciando a te il piacere di scegliere la frutta che più desideri,
lasciandoti tutto il tempo che vuoi per scorrere le dita sulle bucce
lisce delle mele, per tastare la morbidezza dei cachi, per ricordarti
se per i melograni è veramente già stagione (possibile che il tempo
scorra così in fretta?) oppure no. Alla fine tendi indietro al
ragazzo i sacchetti da te riempiti – un euro al chilo per le mele,
uno e venti per i cachi e per i melograni – paghi il dovuto e,
lentamente, strisciando di nuovo in mezzo alla calca, ti allontani in
direzione della fermata dell'autobus.
Una volta il tuo ex professore di
biochimica aveva detto a lezione che teoricamente le calorie
contenute in una mela dovrebbero bastare a un essere umano per
correre ininterrottamente per quaranta minuti – se non fosse per i
vari processi succhia-energia, la respirazione in primis, seguita da
digestione e tutte le altre, che riducono notevolmente la carica a
disposizione. Ma in teoria, mangiando un chilo di mele, un chilo di
quelle succosissime mele comprate a solo un euro, e ipotizzando che
ogni mela pesi sui duecento grammi circa, si dovrebbero avere calorie
sufficienti per correre ininterrottamente per duecento minuti. Tre
ore e venti di energia per un euro. Questo pensiero, chissà perché,
ti rallegrò. Sorridesti, e, strizzando gli occhi contro il sole che
lento si calava nel mare e nel farlo si rifletteva, accecante, nelle
finestre delle case di rue La Canebière, salisti sull'autobus.
Bellissimo, mi piace molto di piu' del libro della Ferre' :))))
ReplyDeleteMa tu sei di parte, mamma ;)
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