Monday, November 12, 2012

Un'ipotetica Lei, un ipotetico Lui_parte 4.

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(Lei)

Rimanemmo così per un minuto buono, e la situazione, vista dall'esterno, doveva sembrare abbastanza buffa. Nessuno dei due aveva intenzione di parlare, ci bastava guardarci, in silenzio. Poi, sentii una vampata di calore al viso, e abbassai per prima gli occhi, tornando a fissare, senza in realtà vederla, la pagina che fino a poco tempo fa stavo leggendo. Sentivo pulsare forte il sangue nelle orecchie. Cercai di asciugare le mani sudaticce strofinando le pagine del libro tra le dita, nel vano tentativo di calmarmi, di riprendere controllo di me stessa. Mi era capitato altre volte che gli uomini mi fissassero, che andassero cercando il mio sguardo, che si aspettassero che ricambiassi il loro interesse, ma non sono mai stata al gioco, non ho mai risposto a uno di quei tentativi di approccio, ho sempre tenuto la testa fermamente girata nella direzione opposta, le labbra serrate e le sopracciglia alzate in quell'espressione tipica di chi è seriamente scocciato, probabilmente da fuori sarò sembrata una che se la tira, ma la realtà è che ho sempre avuto paura, ho sempre avuto paura di ciò che avrei potuto trovare dietro quegli sguardi famelici, quei sorrisetti ammiccanti, quel pavoneggiarsi così tipicamente maschile. E invece quel giorno, per la prima volta, seduta lì in una poltroncina della Sala Borsa, per la primissima volta ho guardato un uomo senza pudore, desiderandolo e sentendomi desiderata, ed era una sensazione pazzesca, sentivo il cuore fare tumtumtum e la pelle maledetta che arrossisce sempre per un nonnulla, era tutto così nuovo ed emozionante, ma c'era anche una buona dose di panico: e ora, come dovevo comportarmi? In queste occasioni, cosa si dice, cosa si fa?

(Lui)

È stupenda. Non è di quel genere di ragazze che uno definirebbe fighe, però ha una bellezza tutta sua, particolare, affascinante. È alta, ossuta, la pelle tirata sugli zigomi, il viso appuntito, gli occhi che sembrano quasi a mandorla, di un verde bottiglia intenso, i capelli lunghi e lisci, e non riesco a capire se sono davvero rossi o se è la luce che li fa sembrare tali, ma al tatto devono essere morbidi e vellutati, lo so, lo capisco da come si poggiano morbidamente sulle sue spalle, e sulla curva del seno quasi inesistente, è piatta come una tavola, con quel maglioncino nero a girocollo che la cinge perfettamente, quei jeans attillati che le stringono quei due stecchini che sono le sue gambe, e lei in tutto questo è stupenda. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso, è stupenda anche ora che è diventata rossa come un gambero, non avrà mica vergogna di me? In effetti non sono nelle mie condizioni migliori, ma non sono neanche così impresentabile, suvvia, ho visto momenti peggiori. No, no, la vedo, la capisco, mi sembra di poter leggere il suo pensiero, e non è per il mio aspetto, è qualcos'altro... È imbarazzata, ecco, si, non sa come comportarsi, ma suvvia, piccola, con me non devi farti di questi problemi, davvero! Sii tranquilla, ecco, vedi, ti sto sorridendo, non sono malvagio, brava, ah!, che stretta al cuore ora che anche tu mi sorridi, sei bellissima, sei stupenda, te l'ha mai detto nessuno che con quel sorriso riusciresti a conquistare il mondo intero? Ma certo, che stupido che sono, certo che te l'avranno detto, e chissà in quanti, poi... Si, lo ammetto, sono geloso, ma mi rendo conto che è da stupidi, quindi cercherò di non esserlo, non lo sarò per te, se non lo vorrai. Mi hai ammaliato, dì la verità, sei una strega, una fattucchiera, dove hai nascosto la bacchetta magica? Sei qualcosa di mai visto, e io non sono uno che vede una donna per la prima volta, ora, non è per vantarmi, ma le mie esperienze le ho fatte, eppure tu sei diversa, tu non sei come tutte, perché con te mi basta guardarti, mi basta guardarti in questi tuoi splendidi occhi verdi e mi sento come se fossi a casa, mi sento sicuro, mi sento completo... Solo uno sguardo, dio mio, ci pensi, solo un tuo sguardo mi ha provocato tutta questa tempesta di emozioni dentro, tu pensa se aprissimo bocca e iniziassimo a parlare, il mio cuore probabilmente non reggerebbe l'emozione, esploderebbe, ricoprendo di schizzi di sangue tutto il primo piano della Sala Borsa, o forse no?, o forse è la magia del silenzio, questa? Se è così allora non voglio interromperlo, voglio mantenere la purezza di questo momento intatto, cristallino, come un diamante, ma non i diamanti tarocchi di piazza Verdi, quelli verdi marroni bianchi, no diamanti veri, tu sei un diamante vero, perché risplendi di luce tua, sei preziosa, sei unica, sei indescrivibile. Non ho mai creduto all'amore a prima vista, davvero, piccola, non ci ho mai creduto, non sono nemmeno certo di aver mai creduto all'amore in generale, ma tu sei capace di cambiare tutte le mie opinioni, tu sei capace di distruggere tutte le mie logiche, di prendere la mia visione del mondo e stravolgerla, metterla sottosopra, rivoltarla come un calzino, e io te lo lascio fare, fai di me e della mia vita quello che vuoi! Basta che continui a guardarmi, tu, esserino splendido venuto da non so quale pianeta, basta che continui a guardarmi, e a sorridermi, e a farmi sognare, ti prego, non andare via, no, resta con me, ti prego, non sopporterei di rimanere solo, di nuovo solo, no, ti prego.

(Lei)

Mi bastò un suo sorriso per togliere via qualsiasi traccia di panico dalla mia testa, come una pezza che cancella via tutto da una lavagna, e la lascia lì, nera, vuota, pronta ad essere riempita daccapo di parole e di pensieri. Rimanemmo a lungo così, a guardarci, la Sala Borsa iniziò lentamente a riempirsi, c'era gente che andava e veniva, gente che si sedeva affianco a noi, gente che ci lanciava occhiate curiose, e mi rendevo conto che era una situazione assurda, due ragazzi che si fissano, ogni tanto si sorridono, e non fanno nient'altro. Era assurdo, era davvero assurdo, ma il fatto è che noi comunicavamo, non so come spiegarlo, ma noi silenziosamente ci stavamo dicendo delle cose, o forse no, forse era proprio il silenzio, forse quelle cose che credevamo di sentire era solamente ciò che avremmo voluto sentire, e che eravamo liberi di immaginare, visto che non sapevamo assolutamente nulla l'uno dell'altra, era un po' come per i libri, avevamo lasciato correre la fantasia come un cavallo messo in libertà, e io ero libera di pensare di lui tutto ciò che volevo, e lui era libero di pensare di me tutto ciò che voleva. Era assurdo, lo so, era un qualcosa che non avevo mai provato prima, però mi faceva star bene, lui mi faceva star bene, con quel suo viso incorniciato da una massa di capelli ricci e neri, con quegli occhi felini, a metà tra il verde e l'arancione, con quel collo largo, possente, le dita affusolate intrecciate tra di loro e posate con non-chalance sulla pancia, i gomiti sui braccioli della poltrona, le gambe larghe.
Le ore volarono senza che noi ce ne accorgessimo, e ad un tratto sentii un forte rumore provenire dal suo stomaco, come se avesse un leone che ruggiva dentro. Lui abbassò lo sguardo, si accarezzò la pancia e fece Shhh, come per calmare la bestia, poi alzò di nuovo lo sguardo verso di me, e scoppiammo entrambi in una risata silenziosa. Ci alzammo, io lasciai il libro di Rumiz sulla poltrona, e scendemmo al piano terra. Andare al bar della biblioteca avrebbe significato per forza usare la voce per ordinare da mangiare, così tacitamente convenimmo che sarebbe stato meglio comprare qualcosa dalle macchinette, anche se la prospettiva di un pranzo a base di patatine e merendine non era il massimo, ma chi bada a sciocchezze del genere mentre sta vivendo l'esperienza più strana della propria vita? Facemmo il pieno di schifezze in bustina, io comprai anche una brodaglia fumante che ricordava solo vagamente un caffè, e andammo a sederci sui gradini davanti l'ingresso della Sala Borsa. Il cielo era limpido, il sole caldo, e nulla lasciava presupporre che di lì a qualche giorno sarebbe arrivato l'inverno.

(Lui)

Sono felice. Sono felice, piccola, lo sono come non lo sono mai stato, lo sono anche se in vita mia ho creduto altre volte di esserlo, ma mi sbagliavo, perché non ho mai provato le cose che sto provando ora, non con la stessa intensità, mai in vita mia, e mi rendo conto solo ora di quanto mi stessi sbagliando, ma cosa ci vuoi fare!, l'uomo ha il diritto di sbagliarsi, è sbagliando che si impara, è sbattendo la testa e collezionando lividi che si apprendono meglio le lezioni. Ma io ora non ci penso, non ci voglio pensare, voglio pensare solo a te, voglio pensare a noi, voglio pensare alla mia felicità di ora, di adesso, di questo momento, qui, su questi gradini, sotto il sole, a guardarti, a mangiare insieme, in silenzio. Sei la mia musa, la mia dea, la mia Idea platonica di perfezione, sei tutto ciò che ho sempre desiderato, sei tu, piccola, sei tu, e lo sarai sempre, nei secoli dei secoli amen.

(Lei)

Finimmo di mangiare, lui rollò una sigaretta e me la porse, guardandomi interrogativo, io mi strinsi nelle spalle e la accettai, erano secoli che non fumavo, avevo smesso un annetto prima, ma tanto, perché no, una ogni tanto che male può fare? Era tabacco Chesterfield, ed era molto secco, probabilmente non era un gran fumatore e la confezione era aperta già da diverse settimane, sentii la gola grattare mentre inspiravo boccate profonde, e il vento che si era appena alzato si portava via in direzione Nord-Est le nuvolette di fumo che non facevano neanche in tempo ad attorcigliarsi nei soliti ghirigori che a me piacevano tanto. Il vento portò con sé un'ondata di freddo, e tutto a un tratto mi sentii pervasa da piccoli brividi: la sensazione di calore e di gioia che mi avvolgeva fino a pochi istanti prima iniziò a sgretolarsi, come se anche lei fosse stata spazzata via in direzione Nord-Est. Guardai di nuovo il ragazzo seduto al mio fianco, e mi chiesi per quanto ancora sarebbe potuta durare questa storia, per quanto ancora saremmo riusciti a far funzionare una relazione senza parlare, e come avremmo fatto a comunicare? Avremmo dovuto aprire bocca, e sentire uno la voce dell'altra, e chissà com'era la sua voce, e chissà se corrisponde all'idea che me ne sono fatta io, e chissà se lui stesso, la sua persona, il suo carattere, corrispondono alla mia immaginazione. Avremmo dovuto presentarci, avremmo dovuto fare tutti quei discorsi preliminari necessari per iniziare una relazione con una persona, e chissà qual'è il suo nome, e chissà da dove viene, e chissà cosa fa nella vita. Avremmo dovuto scoprire così tanto uno dell'altra, e io non ero sicura di volerlo fare davvero, perché in quelle poche ore che avevamo passato insieme ci eravamo costruiti un nostro mondo, un mondo dove non importavano i nomi, non importavano i luoghi e le date di nascita, non importavano gli studi o il posto di lavoro, non importava nulla del mondo esterno. Era un mondo surreale, fatto solo di immaginazioni, un mondo impossibile da trasportare nella realtà, ed è stando seduti su quei gradini e guardando le persone passare e le macchine scorrere per via Rizzoli che me ne resi conto. I mondi ideali stanno bene soltanto nella nostra mente.
Tirai l'ultima boccata, buttai via il mozzicone e mi alzai. Lui, subito, balzò su, e ci ritrovammo di fronte, vicinissimi, lui era più alto di me, nonostante io sia un metro e settantacinque, ero costretta ad alzare la testa per guardarlo negli occhi. Lui ad un tratto sollevò una mano e la avvicinò lentamente ai miei capelli, io inorridii e arretrai di qualche centimetro, lui capì e la abbassò subito. Leggevo chiaramente nei suoi occhi un'espressione di rimorso che diceva “Scusami, ti prego, scusami”.

(Lui)

Scusami, ti prego, scusami. Non volevo spaventarti. Hai i capelli così belli, così lisci, ora sotto la luce del sole si vede che sono davvero rossi, sono di un bellissimo rosso bordò, e non sono tinti, lo vedo dalle tue sopracciglia, sono rosse anche quelle, e i tuoi capelli sono così belli che vien voglia di toccarli. Ma hai ragione, non posso, non devo, scusami, ti prego, scusami.
Perché ti sei alzata, piccola? Dove vuoi andare? Dammi la rotta, e io la seguirò. Guidami, portami dove vuoi, sarò il tuo compagno fedele, ovunque tu vorrai andare. Ti vedo insicura, cosa c'è che non va, cosa turba i tuoi pensieri? A chi stai pensando adesso, piccola? Chi vedi, mentre guardi i miei lineamenti, chi è il fortunato possessore del tuo cuore? Lascialo andare, piccola, lascialo scorrere, insieme a tutto ciò che è passato, insieme a tutto ciò che è stato e che non sarà mai più, perché siamo nel presente ora, ci sono io qui di fronte a te, no, non devi pensare così, non è vero che non ce la fai, non è vero che sei sola, ci sono io, ti aiuterò, ti aiuterò a liberarti del passato, e di tutto il male che ti è stato fatto, dimmi, chi è stato, piccola? Chi è stato a trattarti talmente tanto male da toglierti la voglia di andare avanti, e di amare, ancora? Ti libererò di tutti i tuoi fantasmi, te lo prometto, piccola, ti sarà affianco, sempre, sarò il tuo angelo custode, il tuo bastone, sia per quando avrai bisogno di un sostegno e sia per quando avrai bisogno di un'arma, sarò la tua coperta nelle fredde notti invernali e la tua fresca brezza marina negli afosi pomeriggi d'agosto, se solo mi permetterai di amarti, piccola, se solo lascerai che io rimanga al tuo fianco, ti prego, non vedi che muoio d'amore per te?
Lascia stare il passato, piccola, lascialo andare, non ti nascondere, non aver paura, non ti farò del male! Lo vedo che hai paura, lo vedo dai tuoi occhi, ma non devi, non devi, non devi! Perché se seguiamo le nostre paure, se ci abbandoniamo ad esse, allora è tutto perduto, allora non facciamo altro che rifugiarci nei ricordi come paguri nei gusci, ci rifugiamo in qualcosa di morto, in qualcosa che non può darci nulla, se non dolore e nostalgia, e allora la vita, che senso ha? Piccola, piccola mia, che senso ha tutto questo, se non ci si abbandona all'avvenire, che senso ha? Cosa resta di noi, e delle nostre vite, e dei nostri futuri, se non rischiamo, se non ci lanciamo, se non mettiamo alla prova le nostre forze? Quello che ci rimane, piccola, sono un mucchietto di SE e di MA, di fantasie, di ipotesi. E allora tutta la nostra esistenza diventa un'ipotesi, piccola, tutta la nostra fottuta esistenza.
Hai ragione a guardarmi con diffidenza, hai tutta la ragione di questo mondo, lo so, perché io probabilmente non ho molto da offrirti, non sono né un divo hollywoodiano, né uno sceicco arabo con transatlantici laminati d'oro, né un reporter di guerra con centinaia di storie da raccontare. Non ho neanche una laurea, ecco, diciamola tutta, e le mie serate le passo in piazza Verdi. Non sono il partito migliore per te, lo so che tu meriti di meglio, ma io ti offro tutto quello che ho da offrirti, e se avessi di più, ti offrirei anche quello, ma per ora non ce l'ho, per ora tutto quello che ti posso dare è il mio amore, il mio sincero, puro, grande amore, e la volontà di cambiare, perché tu lo meriti, perché per te scalerei una montagna grande tre volte l'Everest, e attraverserei a nuoto l'Oceano Atlantico, se solo tu me lo chiedessi.

(Lei)

Lo fissavo negli occhi, in quegli occhi pieni di luce, di sogni, di speranze, quegli occhi che promettevano mari e monti, e universi pieni di gioia e amore, lo fissavo ed ero tentata di seguirlo, di dirgli Si, ti seguirò, ovunque tu mi porterai, ti seguirò, perché ti amo e mi fido di te, mi fido ciecamente, e non c'è nulla che non farei per te, fammi scoprire il mondo, portami via di qui, portami a ballare, fammi ruotare tra le tue braccia mentre la musica scorre nelle nostre vene, voglio sapere cosa si prova ad andare in cima al mondo, a guardare le città dall'alto, come gli uccelli in volo, voglio salire sulla vetta più alta e guardare le valli tutto intorno a me, e i boschi, e i fiumi, e le montagne adiacenti, e sapere che dietro quelle montagne, lontano lontano, a centinaia, forse migliaia di chilometri, c'è il mare, è lontanissimo, ma comunque c'è, è un mare enorme, infinito, quasi, e vorrei tanto salire con te su quella vetta, guardare il panorama e pensare al mare, e sapere che un giorno, insieme, raggiungeremo anche quello, non importa quanto sia lontano, ma ci andremo, e faremo il bagno in mezzo alle onde, e ci rotoleremo nella sabbia, e raccoglieremo le conchiglie, come facevamo da bambini, come facevamo quando eravamo piccoli e stupidi e felici e pensavamo che diventare grandi fosse una cosa meravigliosa perché finalmente puoi fare tutto quello che ti pare, puoi andare dove vuoi, mangiare quello che vuoi, ritirarti a casa all'ora che vuoi, e poi non devi fare i compiti per casa, ma vuoi mettere?, ci sembrava una prospettiva fantastica, e non riuscivamo a capire perché i grandi ci guardassero con tristezza e ci dicessero Calma, bambini, non abbiate fretta a crescere, non capivamo, essere grandi sembrava così meraviglioso, non lo sapevamo mica che diventare adulti fosse così doloroso e comportasse così tante responsabilità, non lo sapevamo mica quanto avremmo rimpianto gli anni che ci bastava andare sulla spiaggia a raccogliere conchiglie per essere felici.
Guardavo quegli occhi chiari, a metà tra il verde e l'arancione, ingigantiti dalle lenti degli occhiali, e cercavo di lasciarmi inondare dallo stesso entusiasmo, ma non ci riuscivo, e non sapevo spiegarmi il perché. D'altronde, pensai, che ne so io se davvero questo ragazzo è capace di esaudire i miei desideri, che ne so io quanto ci si possa fidare, che ne so io quanto ha da offrirmi? Lo squadrai di nuovo – scarpe bucate, occhi arrossati, barba incolta – e pensai che non sembrava uno che aveva visto molto, in vita sua, e non che stessi giudicando da come vestiva, ma semplicemente lo sentivo, forse era il famoso sesto senso femminile, chi lo sa.
No, non potevo, non potevo fidarmi. E se poi mi avrebbe delusa? Se mi avrebbe fatto male, come tutti, tutti quelli che son venuti prima, anche loro con gli occhi scintillanti, anche loro con le loro promesse, e il loro amore, e i loro progetti per il futuro? Meglio tenere la porta chiusa, pensai, meglio vivere la vita per conto proprio, ché almeno di se stessi ci si può fidare, meglio non aspettarsi mai niente da nessuno, meglio così, e sono certa di non avere rimorsi, né ora né mai più, perché è solo seguendo le certezze che si può vivere sicuri, è solo seguendo le cose oggettive che non ci si perde, me lo aveva insegnato zio Alfredo questo, e io la lezione l'avevo assimilata bene, molto bene, e avevo anche avuto modo di provarne sulla propria pelle la veridicità.
Lo guardai per un'ultima volta, fisso negli occhi, chissà se aveva capito quello che gli stavo cercando di trasmettere. Poi, d'un colpo, senza ragionare su quello che stavo facendo, mi avvicinai a lui e lo baciai sulle labbra. Lui, probabilmente, non se lo aspettava, infatti rimase come fulminato, fermo e immobile sul posto, senza dire una parola, senza muovere un muscolo.
Fu lì che aprii per la prima volta bocca e pronunciai la prima parola di tutta la nostra storia d'amore:
“Addio.”
Poi, mi girai. Scesi i gradini bassi e lunghi della Sala Borsa, camminai lungo Palazzo d'Accursio, senza girarmi a guardarlo, ma rallentando inconsapevolmente il passo man mano che l'angolo con via IV Novembre si faceva sempre più vicino, aspettandomi – sperando, forse? - che lui mi raggiungesse, correndo, e mi afferrasse per le spalle, e mi stringesse a sé. Ma ciò non accadde. Arrivai all'angolo del palazzo e, sentendo già i lembi di un'ennesima amara delusione avvinghiarsi soffocanti alla mia anima, girai a Sud.

(Lui)

Converse nere bucate calpestano cocci di diamante crunch crunch questo rumore mi ricorda la mandibola di un cavallo che si chiude sopra una mela o una carota, i diamanti sono puri, trasparenti e cristallini e sbrilluccicano alla luce del sole come tanti piccoli vetrini, sono preziosi e romantici, sembrano stelle su un firmamento d'asfalto, e invece sono ciò che resta della mia felicità, ma d'altronde, in questa vita, che differenza fa?

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